Da tempo avevo il desiderio di passeggiare lungo le sponde del Lago Averno. Capire cosa avesse spinto gli antichi a eleggere tale luogo come la porta dell’Inferno: il luogo dove i mali degli uomini avessero anch’essi un’ubicazione.
La quiete e la pace che regna ha forse a che fare con il sonno perenne di questo cratere vulcanico, ormai coperto dalle tranquille acque, investe anche coloro che si soffermano per camminare e porsi in pace con se stessi.
A lato vigneti e campi per ricordare la fertilissima terra dei Campi Flegrei. La terra in questi luoghi respira nel vero senso della parola, grazie al fenomeno dell’abbassamento e innalzamento della superficie, i Campi Flegrei sembrerebbero un enorme torace da cui prendere ossigeno e rimanere in vita.
Poi sulle sponde la Storia. Quella fatta di rovine che ti lascia immaginare e viaggiare nel tempo, ricreando nei tuoi pensieri i passi di chi è stato testimone di lunghe storie come Virgilio ci ha illustrato nel suo grande libro. Inseguendo Enea che vuole ritrovare suo padre Anchise, qui si riscopre un rito di rinascita, anziché di morte.
La Natura non vuole il Tempo, perché essa lo ferma.
E nel tempo resto fermo, bloccato nel fotogramma dell’attimo in cui il ragno, che ho davanti, riesce pazientemente a tessere la sua tela con tale forza, con tale coraggio da fortificare anche me stesso.